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Cantieri, restauri ed eventi

La Badia Fiorentina in via del Proconsolo a Firenze

La Badia Fiorentina è sorta e si è sviluppata lungo quasi un millennio all’interno delle fortificazioni di difesa della colonia romana che fu il primo nucleo della città di Firenze, nell’attuale via del Proconsolo. Fondata nel X secolo, ospita il sepolcro di Ugo di Toscana, la cui fama ancora oggi sopravvive nelle celebrazioni che da oltre un millennio si tengono a suo nome. E ancora, in questi luoghi, nel 1034, sarebbe stato aperto uno dei primi ospizi fiorentini al servizio dei viandanti e della comunità locale. Qui, in quella che è ora la cappella Pandolfini sorta nel luogo dell’antica chiesetta dedicata a Santo Stefano, Giovanni Boccaccio avrebbe tenuto nel 1373 la prima lettura pubblica della Commedia di Dante Alighieri. Qui avrebbero lasciato nel corso dei secoli il segno della loro arte, tra i molti, Arnolfo di Cambio, Giotto, Benedetto da Rovezzano, Bernardo Rossellino e Mino da Fiesole.
I lavori che hanno interessato la Badia Fiorentina sono stati tra i più complessi che la Soprintendenza abbia affrontato, sostenuti con un impegno di spesa di poco inferiore ai quattro milioni di euro. I cantieri si erano resi necessari e urgenti viste le drammatiche condizioni statiche del campanile, uno degli elementi emergenti e distintivi del paesaggio urbano, e le stringenti necessità che portavano contestualmente ad operare sulle strutture lignee delle coperture della chiesa, nella Cappella e nel Chiostro Pandolfini e nel Chiostro degli Aranci (img 1-51).

I restauri sono documentati in due volumi di Quaderni del Servizio Educativo (n. 53-54 del 2018 e n. 61-62 del 2021), la collana promossa dalla Soprintendenza e legata ai temi della tutela del patrimonio culturale, ai quali si rimanda per gli approfondimenti.

Consulta la documentazione iconografica a cui si fa riferimento nel prosieguo del testo.

I restauri del campanile

La torre campanaria della Badia ha subito nel tempo dissesti provocati da calamità naturali. Nonostante i numerosi restauri, ancora negli anni novanta continuavano a staccarsi consistenti frammenti lapidei che reclamavano un intervento urgente.

Veduta del campanile dall'esterno e dall'interno
Il campanile: esterno e interno

Furono realizzati rilievi e accurate indagini che accertarono lo stato di crisi. Fu realizzato un ponteggio esterno che scaricava il peso che il campanile non poteva più reggere, attraverso un pilastro reticolare interno, con un fronte collegato a una struttura realizzata nell’adiacente chiostro Pandolfini per assorbirne le sollecitazioni orizzontali.
I restauri condotti dall’arch. Fiorella Facchinetti, sono iniziati dalla guglia, fu poi consolidata la parte cilindrica del campanile, sotto la quota dei venti metri e di lì a scendere.
A ogni fase di consolidamento strutturale è seguita quella del restauro delle superfici lapidee e del paramento murario esterno in mattoni e in filaretto, privato dell’intonaco ormai da un secolo. È stato rinnovato il sistema che sostiene le quattro campane, con riduzione delle vibrazioni indotte al campanile.
Dopo anni di restauri, per evitare che si riattivasse il quadro fessurativo, fu realizzata una cerchiatura attiva nella parte maggiormente interessata dal fenomeno, per fronteggiare sia eventuali fenomeni sismici, sia le sollecitazioni più significative che il campanile abitualmente sopporta. Consiste in una sorta di rete a maglia discreta, disposta con giaciture elicoidali sulla superficie interna del campanile, che induce nelle murature un comportamento diventato innaturale, vale a dire stare compatte e richiuse verso l’asse della costruzione. Un metodo innovativo che si è dimostrato efficace e duraturo nel tempo.
Si è consolidata la scala secentesca elicoidale che sale fino alla cella campanaria e l’ antica scala in legno; l’intera guglia è resa praticabile da una nuova scala a chiocciola in acciaio e legno, fino alla più alta finestrella da cui si accede alla scala esterna che conduce all’angiolino della cuspide (img 69-224 della documentazione iconografica)

Il Chiostro degli Aranci

Dal 1985 sono iniziati i restauri nel Chiostro degli Aranci, condotti dall’arch. Fiorella Facchinetti. Hanno riguardato il consolidamento degli apparati lapidei, colonne, capitelli. In generale gli elementi lapidei del chiostro presentavano due diversi tipi di degrado: la polverizzazione dei primi strati della pietra, provocata dalla perdita del cemento naturale dell’arenaria, ed il distacco molto diffuso di scaglie della pietra stessa, anche di notevoli dimensioni.
Fu scelto un intervento capillare, con materiali più compatibili con la natura stessa della pietra arenaria; furono quindi usate solo malte di calce e pozzolana, ovvero il materiale più sicuro ed efficace da porre a contatto con la pietra. Questo composto a diverse diluizioni fu impiegato sia per un generale consolidamento di tutti gli elementi lapidei, sia per la stuccatura delle fratture più piccole.
Per le superfici che presentavano una polverizzazione dello spessore fino a un centimetro fu invece applicato con percolazioni il silicato di etile che, fra i consolidanti trasparenti allora commercializzati, era quello con caratteristiche maggiormente compatibili con la composizione dell’arenaria stessa e non provocava interferenze con l’uso della calce o delle malte in genere.
Nel 2015 l’arch. Fulvia Zeuli ha condotto ulteriori restauri, ormai necessari, ritornando sugli elementi lapidei e in parte reintegrandoli, e restaurando sia le facciate interne del chiostro che le volte del loggiato e la balaustra superiore (img 52-68).

Il cassettonato della chiesa e le capriate

I restauri sono stati condotti sotto la cura dell’arch. Fiorella Facchinetti.
La struttura del magnifico cassettonato è costituita da un sistema di travi principali e secondarie in legno di abete, a sezione rettangolare costante, ortogonali fra loro e complanari. Con un reticolo che delimita i campi quadrangolari dei singoli lacunari (img 227-228), il cassettonato posa sopra un fregio composto a guisa di metope e triglifi forgiati a mensole, che sostengono la struttura perimetrale dell’intero soffitto. Il fregio è poi appoggiato in aderenza al cornicione in pietra serena che conclude l’apparato architettonico che definisce con rigore lo sviluppo spaziale della chiesa.

Estradosso e intradosso del cassettonato
Il cassettonato: estradosso e intradosso

Per intervenire con un restauro integrale fu realizzato un ponteggio a platea mobile che occupava solo una parte della chiesa, consentendo nell’altra lo svolgersi delle funzioni religiose.
Consolidate le passerelle che rendevano ispezionabile l’intero cassettonato, fu controllata la validità di tutti gli attacchi dei tiranti: molti erano allentati e la superficie del soffitto appariva molto dissestata. Pulito e restaurato ogni tirante, ne furono consolidati gli agganci e ad ognuno fu affiancato un cavo di acciaio flessibile inguainato completo di tenditore e collegato alle travi con interposizione di strisce di lamiera inox. In caso di dissesto del tirante ligneo esistente, il cavo verrebbe chiamato a collaborare (img 229).
Resa più solida la struttura portante, furono restaurati i lacunari. La loro decorazione è costituita da cornici intagliate a motivi classici, che ne delimitano e definiscono la geometria (img 230-237); nelle campiture delimitate dalle cornici sono inseriti elementi intagliati a motivi floreali e zoomorfi (img 238-240). Molti di questi elementi erano distaccati e alcuni pezzi mancanti facevano supporre parziali cadute. Tutte le superfici erano molto sporche e alcune componenti lignee strutturali erano dissestate (img 241-243); di alcuni lacunari fu necessario smontare le diverse parti, restaurarle e rimontarle (img 225-248).
Articolati interventi sono stati posti in opera con differenti modalità sulle capriate, secondo il dissesto e la configurazione, dopo accurate indagini di ogni genere.

Il consolidamento delle capriate

Sulle capriate centrali del tamburo secentesco furono realizzate protesi armate.
Per la capriata est fu realizzato un nuovo appoggio con una mensola in acciaio, sostenuta da tiranti costituiti da cavi flessibili pure in acciaio, ancorati con staffe in acciaio alla muratura dello spigolo nord del braccio est della chiesa. La capriata è stata legata con profilati piatti ancorati per mezzo di barre filettate inghisate con pasta epossidica e, una volta messa in sicurezza, è stata risanata dai parassiti e consolidata.
Per le capriate trecentesche che avevano subito un fenomeno di ribaltamento fu realizzata una struttura provvisionale di contenimento costituita da elementi in acciaio che hanno assicurato ogni capriata nella posizione ormai determinata (img 249-264).

Il chiostro Pandolfini

Nel 2012, dopo l’intervento sul campanile, l’arch. Fiorella Facchinetti si è occupata del Chiostro Pandolfini.
Colonne e capitelli avevano i due fronti, interno ed esterno, divisi quasi in mezzeria da una netta linea verticale. Quasi tutti gli splendidi capitelli avevano perso gli elementi sporgenti del fronte esterno e la parte corrispondente dell’abaco; nelle basi, più colpite dall’acqua, il degrado copriva almeno tre quarti del perimetro.
Considerando che ogni componente di un ordine architettonico, indipendentemente dai suoi caratteri stilistici e decorativi, ha una specifica funzione, sia statica che di collegamento e, se in ambiente aperto, anche di conservazione e, non ultima, anche estetica, restaurare un colonnato come questo significava individuare i componenti che non erano più in grado di svolgere tale funzione, capire la causa del degrado ed intervenire per restituire ad ogni parte la propria funzionalità.
Un restauro cosiddetto conservativo, che si limitasse a consolidare lo stato di fatto, fu considerato, in questo caso, inadatto e negativo: per motivi statici, non si poteva permettere all’umidità di continuare a scavare sotto alla colonna attraverso i solchi già tracciati. Fu eseguita la ricostruzione delle parti mancanti, mediante calchi in silicone. Nelle basi è stata invece messa in opera, sulla parte di pietra ancora consistente, un’armatura a rete di acciaio inox, su cui sono stati applicati diversi strati di una malta di pura calce idraulica naturale con aggiunta di sabbia di quarzo di diverse granulometrie nei diversi strati; le parti ricostruite sono state poi scialbate con colori a base di calce e pigmenti naturali.
Dopo il completo smontaggio del ponteggio e del cantiere del campanile, dal 2014 l’arch. Fulvia Zeuli si è occupata di ulteriori opere.
Nella parte centrale del chiostro non vi era più traccia né precisa memoria del piccolo giardino. L’unico elemento vegetale superstite era un Calocedrus decurrens, l’albero dell’incenso, che versava in condizioni di vegetazione critiche e fu poi abbattuto da un temporale. Nella zona centrale del rettangolo allungato che costituisce il chiostro è stato naturale riproporre una zona inerbita, contornata da basse siepi di bosso. Il prato è stato spartito con la piantumazione di due piccoli alberi, un Punica granatum ed un Olea fragrans.
La platea interrata di micropali con la piastra di ripartizione che fondava la torre ottagonale a servizio del ponteggio è stata lasciata in loco. Nella zona centrale del chiostro è stato interrata una cisterna munita di autoclave che raccoglie le acque piovane, che ora possono venire utilizzate per alimentare il nuovo impianto di irrigazione.
Nel lato ovest del porticato erano accatastate una ventina lapidi che risalgono alla metà dell’Ottocento, che sono state ricollocate e terra. Altri elementi lapidei sono stati esposti a muro.
Nell’atrio dal lato di via del Proconsolo, ai lati della scalinata che conduce al livello della chiesa e sotto il portico est, è stato ripristinato il basamento della parete con la tecnica delle quadrature. Un lambrì di pannelli rettangolari inseriti in un sistema di cornici modanate, con ombre riportate, in analogia con le decorazioni presenti nel lato ovest dell’abside della chiesa (img 284-286).
Nella crociera davanti all’ingresso della chiesa è stata installata una lanterna in ottone disegnata site specific con una sobria decorazione che richiama il simbolo del dolphinum Pandolfini presente sul portone e sui capitelli (img 287-288).
Un nuovo impianto di illuminazione fornisce una luce diffusa ai due bracci del porticato con proiettori collocati sui pulvini e sulle catene (img 289).
Capitelli e colonne del chiostro Pandolfini, restaurati di recente, erano ancora in ottime condizioni. Una pulitura delle lapidi e dei bassorilievi murati sulle pareti dei due porticati e degli elementi lapidei ha confermato la necessità di eseguire la periodica manutenzione dei manufatti. Per pareti e volte è stata sufficiente la tinteggiatura di con più velature di latte di calce e colori di terra.
Le recinzioni in metallo e il pavimento in cotto e il portone su via Dante Alighieri, secondo accesso della Badia, sono stati restaurati (img 265-290).

Fulvia Zeuli

Bibliografia

La Badia Fiorentina, a cura di Fulvia Zeuli, testi di Francesca Carrara e Fiorella Facchinetti, con una presentazione di Andrea Pessina, “Quaderni del Servizio Educativo”, N. 53-54, Polistampa, Firenze 2018.

La Badia Fiorentina. Vicende storiche e architettoniche dal Quattrocento all’Ottocento e i moderni cantieri di restauro, a cura di Fulvia Zeuli, testi di Francesca Carrara, Fiorella Facchinetti, Fulvia Zeuli, con una appendice di Guido Pelizzari e con una presentazione di Andrea Pessina, “Quaderni del Servizio Educativo”, Vol. I,
n. 61-62, Polistampa, Firenze 2021.

Localizzazione: Firenze, via del Proconsolo

Proprietà: Comune di Firenze e ente ecclesiastico

Finanziamento: 4.000.000 €

Responsabile del procedimento: arch. Fiorella Facchinetti poi arch. Fulvia Zeuli

Progettazione: arch. Fiorella Facchinetti, arch. Fulvia Zeuli

Aspetti strutturali: ing. Leonardo Paolini, arch. Fiorella Facchinetti

Direttore dei lavori: arch. Fiorella Facchinetti poi arch. Fulvia Zeuli

Anno: 1985/2016