Dopo il ponte sepolto scoperto a Marzo del 2023, l’Abbazia fortificata di Settimo a Scandicci, continua a stupire con nuovi ritrovamenti archeologici avvenuti nel corso del grande progetto di restauro avviato da Don Carlo Maurizi e sostenuto dal Cav Paolo Nocentini patron della Savino Del Bene.
Luogo chiave nella Firenze medievale e rinascimentale l’Abbazia custodisce al suo interno ambienti ancora da indagare rimasti per secoli sepolti sotto il fango delle grandi alluvioni che sconvolsero la piana fiorentina. I complessi lavori iniziati nel 2020 hanno recentemente avuto un importante slancio grazie all’arrivo alla guida della soprintendenza di Firenze dell’Arch. Antonella Ranaldi, già artefice a Milano del grande progetto di recupero dell’anfiteatro romano, e alla stretta collaborazione dell’Arch. Gabriele Nannetti, Soprintendente a Siena, tra i maggiori esperti del complesso abbaziale di Settimo di cui ha seguito il restauro della parte parrocchiale nei primi anni del 2000.
Le recenti scoperte sono avvenute durante i lavori di restauro della Sala Capitolare dove i monaci in passato erano soliti riunirsi per prendere le decisioni che riguardavano la vita dell’abbazia. In seguito alla rimozione della pavimentazione moderna che copriva per metà del loro sviluppo verticale le colonne in granito della sala, sotto uno spesso strato di sabbia, detriti e i resti un pavimento in gran parte mancante, è emerso quello che è stato identificato come l’antico sepolcro degli abati la cui memoria era andata totalmente perduta e che ad oggi rappresenta un unicum a livello italiano e europeo in quanto arrivato intatto fino ai nostri giorni.
All’interno della tomba gli archeologi e antropologi hanno rinvenuto, tra strati di fango ancora umido, più di 20 scheletri sovrapposti l’uno su l’altro il cui studio rappresenterà una ricca fonte di informazioni sullo stile di vita dei monaci dell’abbazia in un periodo di tempo che copre diversi secoli.
Ma la sala capitolare di Settimo, le cui indagini archeologiche sono ancora in corso, ha riservato un’altra sorpresa. A poca distanza dal sepolcro, tra frammenti di ceramiche ed elementi robbiani invetriati, negli strati che avevano alzato il pavimento, è stata trovata la testa di un Cristo in terracotta, la cui conformazione e i tratti stilistici potrebbero essere riferibili ad un busto della seconda metà del Quattrocento. La testa è stata restaurata da Elena Alfani della Soprintendenza di Firenze e riconsegnata alla Badia, in occasione della conferenza stampa. Hanno raccontato le scoperte gli archeologi, storici dell’arte, restauratori del team dei lavori con l’attiva partecipazione della Soprintendenza. La scoperta e altre ancora incoraggiano a proseguire l’importante recupero. Nel corso della sua storia l’Abbazia di Settimo ebbe rapporti con alcuni dei più grandi artisti del medioevo e del rinascimento: dal Buffalmacco ad Andrea del Sarto, dal Ghirlandaio ai Della Robbia, da Leonardo Da Vinci a Filippo Brunelleschi.
CENNI STORICI E CRONACA DELLA RINASCITA DELLA GRANDE ABBAZIA DI SETTIMO
Raro esempio di monastero fortificato, l’antica Abbazia di Settimo, con le sue possenti mura, torrioni e fossati, si staglia grande e solenne, nella pianura alle porte di Firenze.
Fondata prima del 1000 probabilmente sui resti di una struttura etrusca o romana, l’abbazia è stata per secoli protagonista della storia economica, politica, artistica, spirituale e culturale della Firenze medievale e rinascimentale.
All’interno del suo scriptorium, tra i più importanti della cristianità, furono redatti preziosi codici miniati, oggi conservati nelle più prestigiose collezioni museali italiane, Europee e Americane.
Agli anni di splendore si sono alternati anni di grande difficoltà: fra questi il terribile assedio delle truppe di Carlo V del 1530 e le distruzioni provocate dalle alluvioni dell’Arno, in particolare quelle del 1333 e del 1557.
Dal 1600 l’Abbazia si avviò verso un graduale declino fino alla soppressione operata nel 1783 dal Granduca Pietro Leopoldo che portò alla divisione in due parti del complesso monastico: un terzo fu ridotto a semplice parrocchia di campagna mentre i restanti due terzi tra cui il grande chiostro, l’imponente scriptorium, il prezioso capitolo, il monumentale dispensarium, furono acquistati da una ricca famiglia del luogo e adibiti a villa e fattoria.
Nel 2019, dopo decenni di abbandono, finalmente la svolta, grazie all’impegno del Priore Don Carlo Maurizi e del Cavalier Paolo Nocentini, imprenditore e filantropo, che hanno reso possibile la riunificazione del complesso dando l’avvio ad un ambizioso progetto volto a riportare la grande Abbazia al suo antico splendore.
Definita metaforicamente una piccola Pompei medievale, dove alle ceneri del Vesuvio si è sostituito il fango delle grandi alluvioni dell‘ Arno che l’hanno in parte sepolta, l’Abbazia di Settimo è un luogo destinato a riservare importanti e preziose scoperte.